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Raccolta acqua Tonj sud sudan Tonjproject Onlus

Deng: nome proprio di persona singolare maschile
Deng: nome comune di cosa singolare femminile.

Si avete letto bene, sono due parole identiche, con la stessa pronuncia ma che hanno due significati ben diversi tra loro. Deng è sia uno dei nomi più diffusi per una persona Sud Sudanese, sia una parola altrettanto usata dalla gente di Tonj ma solamente in uno specifico periodo dell’anno infatti significa pioggia!
In questi giorni la si usa molto spesso infatti dopo averla tanto aspettata e quasi implorata è arrivata la stagione delle piogge.
Detta così sembra una cosa banale. Per una persona europea come noi non ha un grande significato. La studiamo sui libri di geografia e la identifichiamo come la stagione dell’anno dove in un preciso luogo le precipitazioni piovose sono talmente frequenti da determinarne una stagione.

In Africa non è così, in Africa anche la stagione delle piogge ha un suo fascino, una sua magia, una sua vita e una sua storia.
Tutti la aspettano e soprattutto tutti si preparano a riceverla. Meteorologi a Tonj non ne ho ancora visti e tanto meno stazioni meteo dotate di termometri, barometri e tutte le più innovative tecnologie per prevedere il meteo. Per le previsioni qui ci si basa sulla direzione e l’intensità del vento, sullo spostamento degli uccelli che si preparano a migrare, sulla temperatura e sulla direzione da cui arrivano le nuvole. Poi ci possiamo aggiungere qualche canzone tribale intorno al fuoco, il dolore di qualche vecchia ferita del capo villaggio ed ecco che abbiamo le previsioni.
Quest’anno si è fatta aspettare più del solito, e io ne ho sofferto parecchio. E da metà aprile che la aspettavo ma è realmente arrivata intorno al 10 maggio. Come vi dicevo le persone si preparano ad accoglierla. In primis i tetti di paglia delle capanne ormai bruciati dalla stagione secca vengono sostituiti. Le donne camminano per il villaggio con in testa fascine di erba raccolte nella savana, e una volte arrivate a casa si siedono all’ombra di un grande albero e iniziano ad intrecciarle con una meticolosità e un rigore stupefacente. Una volta finito il loro compito tocca all’uomo, uno dei pochi lavori domestici che fa, e con altrettanto rigore rimuove il vecchio tetto e inizia a posizionare il nuovo. Un lavoro che richiede anche giorni, e se alla fine il lavoro non convince si riparte da capo. È troppo importante avere un tetto sicuro. I bambini hanno il compito di recuperare qualsiasi oggetto per poter raccogliere l’acqua piovana che servirà poi per cucinare, per bere e dissetare gli animali. Bambini di ogni età girano in tutti i luoghi del villaggio e li vedi poi fare ritorno a casa con bottigliette, cocci svuotati, pelli di capra che verranno trasformate in borracce.

Poi un giorno quando meno te l’aspetti, si alza un vento, ma non è il classico vento che arriva dal deserto, te ne accorgi anche tu che è la prima volta che lo senti. Le nuvole corrono veloci e all’improvviso si fermano. Tutto diventa scuro. Un paio di lampi in lontananza, un rimbombare di tuoni ed eccola. Prima una goccia, poi due, e in pochi secondi diventa un acquazzone impetuoso. La gente corre, cerca un riparo qualsiasi. La pioggia è arrivata.
Bastano pochi minuti e le strade di terra rossa, che per mesi non hanno ricevuto una goccia d’acqua, si trasformano in torrenti. La terra è talmente calda che, a contatto con la pioggia, sembra fumare.

E dopo qualche ora la pioggia di placa.

La gente può riprendere la strada di casa, ma è solo una piccola pausa questo rituale continuerà per mesi. Come tutto in Africa la stagione delle piogge ha una doppia faccia. È considerata vita perché nel giro di pochi giorni dove prima c’era terra bruciata, ora germoglia l’erba. Le mandrie non devono più percorrere kilometri e kilometri per abbeverarsi, i bambini non devono camminare ore per recuperare dell’acqua. Gli uomini possono finalmente iniziare a zappare la terra e seminare qualcosa. Il rosso della terra lascia spazio al verde, alla vita. E nel giro di pochi giorni di fronte a me si mostra un paesaggio completamente diverso.

Allo stesso tempo questa pioggia tanto sognata significa disastro. Le strade diventano impraticabili, in alcuni villaggi risulta impossibile arrivare con la jeep, anche la mia fedele Toyota resterebbe impantanata. La terra, che non riesce a drenare l’enorme quantità d’acqua caduta, crea ovunque dei piccoli stagni che diventano l’habitat perfetto per le zanzare e i casi di malaria si moltiplicano a vista d’occhio. La gente smette di andare ai pozzi e beve l’acqua piovana raccolta, condizione perfetta per la diffusione del tifo e del colera. I collegamenti con le città più vicine diventano difficoltosi e i tempi di percorrenza raddoppiano.

Insomma ancora una volta l’Africa è capace di mostrarsi bella quanto crudele. Anche per me la stagione delle piogge ha assunto un significato particolare. L’aspettavo con ansia perché sapevo che avrebbe portato un po’ di refrigerio e, vi assicuro che essere cullati per tutta la notte dal rumore di un acquazzone africano è una cosa magnifica, l’aspettavo perché il suo arrivo significa che la mia avventura qui è quasi alla fine e quindi presto rivedrò mamma e papà, Marti e tutti gli amici. Allo stesso tempo questo “avviso di scadenza” crea dentro di me un po’ di malinconia perché vuol dire che devo davvero prepararmi a lasciare l’Africa. Lasciare un luogo che per ora è la mia casa, lasciare la gente con la quale sto condividendo la quotidianità da più di cinque mesi. Ma è giusto così, come in Africa cambiano le stagione anche nella mia vita cambiano le avventure e le esperienze.
Ancora una volta grazie Africa, ora vado a godermi la mia personale ninna nanna, cullato dal rumore della pioggia che gioca con le fronde dei manghi.

Edo

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