Buongiorno a tutti e a tutte.
Dall’Italia arrivano notizie e filmati che ci raccontano di nubifragi e violenti temporali. Siamo vicini a chi soffre per questa situazione. A Tonj come in tutto il Sud Sudan si implora l’acqua; la stagione delle piogge è in pauroso ritardo per un territorio e per una popolazione che solo in questi due o tre mesi può mettere mano alla coltivazione di qualche verdura o cereale. Il ritardo della pioggia fa paura perché qui vuol dire fame, quella vera.
Da due giorni il sole non fa capolino se non attraverso qualche corta e debole comparsa. Questo ha riportato alla luce i problemi elettrici che troppo ingenuamente avevamo sperato di aver arginato per sempre mediante l’acquisto e l’installazione del nuovo impianto e delle batterie, ma poco male. Ci stiamo abituando e forse sono proprio queste piccole prove che ci aiutano a capire meglio questa popolazione e a vivere quest’esperienza che come tutti gli anni ci sta affascinando e ci offre spunti di riflessione e mi auguro di cambiamento.
Il weekend appena passato abbiamo avuto l’onore di avere come ospite il vescovo di Rumbek, Mons. Cristian Carlassarre, il vescovo più giovane del mondo, quello a cui questa terra ha riservato un paio di anni fa un benvenuto decisamente unico e cruento.
La notizia del giovane vescovo, scelto da Papa Francesco per questo fazzoletto di mondo ormai da undici anni senza pastore, al quale la prima notte di permanenza nella sua diocesi avevano sparato dei colpi di pistola alle gambe, ha fatto il giro del mondo. Cristian è un uomo forte e coraggioso che ha voluto trovare in questa disgrazia un segno della Provvidenza e nonostante tutto ha scelto di ritornare a Rumbek. Oggi è costretto, sono le sue parole, a viaggiare con due guardie del corpo. Quelle pallottole non lo hanno fermato e ne abbiamo prova in questi due giorni vissuti in sua compagnia. L’arrivo del vescovo è stato provvidenziale, la sua esperienza e la sua saggezza hanno dato un surplus di entusiasmo alla nostra esperienza qui tra i poveri del mondo.

Con lui e con le suore che gestiscono e lavorano nell’ospedale abbiamo festeggiato i primi nove anni di vita del John Lee Memorial Hospital. L’occasione è stata bella per rivivere quel momento e percorrere con le parole e con il pensiero questi lunghi anni di impegno: le paure, gli azzardi, la temerarietà che però oggi è premiata, che è diventata dono per tanta gente.
Abbiamo rivisto tutte quelle decisioni, quei piccoli e grandi segni e mediazioni attraverso le quali la provvidenza ha portato Tonjproject ad osare.
E dopo nove anni possiamo dire che il bambino cresce bene, dà soddisfazioni, promette bene anche per il futuro. È difficile scrivere quel miracolo che ogni giorno avviene da queste parti. Difficile anche perché è quasi impossibile, se non lo si vede, immaginare la vita di queste persone. Qui la vita è diversa dalla nostra; è decisamente dura. Qui le persone non hanno tutte le possibilità che abbiamo noi che nonostante tutto ci lamentiamo, facendo delle continue lamentele un mantra che accompagna ogni nostro giorno. Qui farsi curare, visitare da un medico e avere qualche medicina è decisamente un lusso. Qui la salute è un lusso che pochi si possono permettere. Ogni giorno sono tante le persone, soprattutto mamme e bambini, che varcano la porta dell’ospedale in cerca di cure, speranza, visi e mani amiche disposte a farsi carico delle loro difficoltà non solo legate alla salute. Si viene al John Lee Memorial Hospital con la febbre e i brividi incontrollabili, segni evidenti di quella malattia, la malaria, che qui instancabilmente miete vittime senza guardare in faccia nessuno, senza tener conto dell’età. Si viene in ospedale per ogni tipo di malattia, non solo quelle tropicali e qui in ospedale si trovano persone capaci di fare gli esami del sangue, un’ecografia, monitorare una gravidanza. Questo è il miracolo. Questo è il frutto di nove anni di impegno, sacrificio, preoccupazioni soprattutto economiche, notti insonni passate a progettare l’ennesima attività per racimolare fondi per l’acquisto delle medicine, per lo stipendio del personale.


Questo è il miracolo che è stato possibile grazie all’aiuto di molte persone che stanno leggendo queste parole che nascono così, direttamente nel cuore prima ancora che nella testa.
Mi auguro che questo miracolo possa festeggiare innumerevoli compleanni e di anno in anno scoprirsi cresciuto. Mi auguro che l’impegno di tutti lo accompagnino nella sua capacità di fare del bene a tante persone, soprattutto ai bambini che qui non mancano e sono davvero il futuro di questo Paese.
Buon compleanno John Lee Memorial Hospital … ad multos annos.


Un abbraccio a tutti. Un grazie a tutti coloro che ci hanno aiutato nella realizzazione di questo miracolo e che si metteranno in gioco perché continui nel suo desiderio di bene, a fianco dei più poveri tra i poveri.
Nove anni. È finito il tempo della fanciullezza per l’ospedale; il bello inizia adesso.
Dio vi strabenedica.
Un abbraccio e una preghiera per tutti, vivi e defunti. Un ricordo particolare per chi a causa del maltempo piange e soffre.
Omar

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