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ricordi estate 2009. Organizzazione benefica Tonjproject sud sudan Africa.

Siamo nel 2009, l’associazione ha quasi un anno, sta crescendo (anche per numero di volontari) e noi siamo al nostro secondo viaggio. 

Quest’anno i nostri compagni di viaggio sono due ragazzi giovanissimi, Giacomo e Matteo, un neo diciottenne e uno studente di medicina.

Siamo il primo gruppo dell’estate 2009. La missione è continuare la ristrutturazione delle stanze di degenza del dispensario e la preparazione dei lavori per il turno di volontari successivo. Uno scherzo da ragazzi… se fossimo in Italia.

Lavorare in Africa è molto difficile… I tempi sono dilatati, le distanze sono enormi, i materiali e gli strumenti (se si trovano) sono, nella maggior parte dei casi, di qualità scadente e le maestranze sono autodidatte. Per noi è inconcepibile pensare di lavorare in questo modo, a rilento, mal organizzato, approssimativo, ma a Tonj è la normalità. Prima si capisce l’approccio e meglio si lavora!

Primo giorno. Lungo le pareti delle stanze di degenza cola lo sporco che si è stratificato nel controsoffitto e non è nè igienico nè bello da vedere. Bisogna chiudere le fessure lungo il perimetro, ma come??! E con cosa? Stucco? Irrecuperabile. Gesso? Con le temperature torride probabilmente una settimana dopo lo avremmo trovato sbriciolato. L’anno precedente siamo riusciti a piastrellare una sala operatoria, di oltre 50mq, con solo cemento e piastrelle, vuoi che non riusciamo a stuccare il controsoffitto senza stucco???? 

Giovanni Mucciaccia docet. Segatura, sabbia e vinavil! Sì lo so non è molto convenzionale come metodo e, se me lo proponessero in Italia, inorridirei (come penso la maggior parte di voi in questo momento), ma c’era un problema e abbiamo trovato la soluzione migliore, low cost e immediata. E poi una volta asciutto, è bastata una mano di lavabile bianca per coprire tutto!

Lo so che ve lo state chiedendo… a distanza di 12 anni lo stucco casalingo resiste ancora! (stiamo pensando di brevettarne la ricetta), e, permettetemi, anche le piastrelle sono ancora tutte al loro posto! Da non credere!

Il 2009. Un’estate di risate, problemi, arrabbiature, soluzioni e lacrime. Eh sì, l’Africa ha il potere di amplificare le emozioni. Gioia, rabbia, sconforto, paura…

Sembrava il solito pomeriggio caldo, passato a giocare con i bambini. Al cancello del dispensario si presenta un gruppo di donne chiedendo aiuto. In quel momento in ospedale c’eravamo solo noi e un infermiere. La donna era in travaglio da molte ore, ma la bambina non nasceva…  La gravidanza della donna era gemellare. Il bambino purtroppo, nato in mattinata, non era sopravvissuto. Lei era stremata, si trascinava carponi sul pavimento, aveva perso molto sangue eppure non emetteva un grido. 

Fino a quel momento, la mia unica esperienza di fatto di parti era stata cinematografica. Ospedali accoglienti e puliti, donne che stritolano la mano di qualcuno, urla disperate e dottori pronti ad ogni evenienza. E invece lì c’eravamo solo noi tre. Il primo dottore disponibile era a 4 ore di distanza, non sarebbe mai arrivato in tempo, la bambina non si muoveva più, bisognava salvare la mamma…

L’infermiere consiglia di dirigersi al prossimo ospedale per avere l’assistenza necessaria. Al prossimo ospedale??! Le donne si agitano, non hanno la possibilità di portarla al prossimo ospedale, non hanno macchina e non ci arriverebbe viva. In Africa la natura sa essere tanto dolce quanto spietata… 

La donna dà una spinta con l’ultimo briciolo di forza che le rimane e dà alla luce una bambina. Comincia a piangere. Piange. Una levatrice solleva la bambina, la scalda, beve dell’acqua e gliela soffia in faccia, la pulisce e le pratica la respirazione bocca a bocca. La mamma continua a piangere. Piange finchè è la bambina che inizia a gemere. Le levatrici urlano di gioia, noi rimaniamo paralizzati, la donna si alza, si pulisce la gonna con le mani, prende in braccio la bambina, ringrazia e lentamente torna a casa…

Surreale. 

La forza di una donna, di una mamma, stremata dalla fatica, lacerata dal dolore, che non si arrende.

Io ho scoperto solo qualche anno dopo cosa volesse dire partorire… ma credo che sia stato nel 2009 che ho conosciuto il vero miracolo della vita.

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